Fonte: Psicoadvisor.com
Anna De Simone | 12 Gennaio | Psicologia SocialeFacebookTwitterPinterestEmailWhatsAppLinkedInFacebook Messenger
Una teoria del complotto o della cospirazione è una concezione che attribuisce la causa di una catena di eventi, a un complotto. Si tratta, in genere, di teorie alternative molto più complesse ed elaborate rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali. Le teorie del complotto non si limitano a fornire spiegazioni alternative agli eventi ma si pongono, inoltre, in modo duramente critico e svilente nei confronti del senso comune o della verità.
Il ricercatore Goertzel (1994) descrive le teorie della cospirazione come particolari spiegazioni che fanno riferimento a verità oscure e segrete, a gruppi e organizzazioni che si muovono nell’ombra per raggiungere scopi sinistri.
Le Teorie del complotto
Le teorie del complotto esistono da sempre. Che si tratti dell’omicidio del presidente Kennedy, degli omicidi di Charlie Hebdo o del teorie cospirative sulla diffusione del Coronavirus, la dinamica è sempre la medesima: vi è un gruppo di persone di potere che pur conoscendo la realtà, la nascondono e la manipolano per gestire meglio le masse e per ricavarne un qualche tipo di profitto.
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Vi è una netta differenza tra il sostenere in modo indiscusso una teorie del complotto e osservare la realtà con occhio critico. Chi è alla ricerca della verità, si impegna ad indagare, documentare e accumulare prove. Le teorie cospirative, invece, vivono di un paradosso: chi le sostiene afferma che sono vere proprio per l’assenza di prove a sostegno.
Chi appoggia una teoria del complotto accusa istituzioni, enti o gruppi di potere (reali o ipotetici), di essere colpevoli di occultamento della verità e di insabbiamento delle eventuali prove. Chi abbraccia una teoria del complotto, in genere, lo fa accettandone il contenuto in modo acritico e fideistico.
La psicologia dietro le teorie del complotto
Perché alcune persone credono alle Teorie del Complotto? I ricercatori hanno studiato il fenomeno individuando dei tratti di personalità tipici dei sostenitori delle teorie del complotto.
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Lantian et al. (2017) ha individuato bisogni e caratteristiche delle persone che sostengono le teorie del complotto. Tra i tratti di personalità vi è una marcata sfiducia e machiavellismo (tendenza alla manipolazione).
Il machiavellismo si riferisce a un tratto di personalità ego-centrato: la persona è così concentrata sui propri interessi da mostrarsi indifferente ai bisogni altrui, scarsamente empatico e disposto a manipolare la realtà per ingannare il prossimo e raggiungere l’obiettivo prefissato.
Lantian e colleghi hanno esaminato le caratteristiche di personalità di un gruppo di sostenitori di diverse teorie del complotto. In questa analisi, somministrando test psicometrici, i ricercatori hanno evidenziato un tratto definito come bassa gradevolezza. Con il termine gradevolezza, gli psicologi individuano diverse caratteristiche come l’affidabilità, la disponibilità alla cooperazione, l’apertura all’altro… Il gruppo che sosteneva le teorie del complotto, ha dimostrato di avere punteggi di gradevolezza estremamente bassi, con una forte chiusura all’altro e mancata disponibilità all’affiliazione (non erano cooperativi).
Nella pubblicazione scientifica, si legge: “in termini di processi cognitivi, le persone con convinzioni cospirative più radicate hanno maggiori possibilità di attribuire intenzionalità dove è improbabile che vi sia un atto volontario (…) e hanno dimostrato di avere livelli inferiori di pensiero analitico“.
Queste caratteristiche cognitive e di personalità emergono anche nel rapporto con gli altri. Il “complottista” tende a sentirsi migliore degli altri e così si sente legittimato a calpestare i diritti altrui e svilire il prossimo.
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Il bisogno di unicità
La ricerca di Lantian et al., inoltre, ha esaminato il ruolo giocato dal bisogno di unicità nell’innescare credenze cospirative: è la voglia di sentirsi speciali e superiori agli altri che predispone alle credenze cospirative.
Le teorie del complotto sono l’emblema dell’informazione non convenzionale, accessibile a pochi eletti. Come fa notare uno studio pubblicato da Mason nel 2002, le teorie del complotto si basano su narrazioni che fanno riferimento a giochi di potere e avvenimenti segreti.
Le persone che credono nelle teorie del complotto sono quelle che hanno più bisogno di riconoscimento e si sopravvalutano ritenendosi più informate sugli eventi importanti.
Correlazione con tratti narcisistici
Riportando le parole della pubblicazione scientifica: “i nostri risultati possono essere collegati a recenti ricerche che dimostrano una connessione tra teorie cospirative e tratti narcisistici”.
Nel 2016, lo studio di Cichocka et al., ha potuto correlare positivamente la presenza di tratti narcisistici alla tendenza a credere alle teorie del complotto; in particolare, lo studio si è soffermato sull’idea grandiosa del sé.
La tendenza a credere alle teorie del complotto è stata associata anche al pensiero paranoico. Ciò significa che chi affermava di credere in teorie cospirative risultava, con maggiore frequenza, positivo agli screening psicometrici che indagavano la presenza di tratti paranoici e/o tratti narcisistici.
Il bisogno di unicità potrebbe essere un mediatore tra le due ricerche in quanto, molti autori (per citarne uno, Emmons, 1984) correlano positivamente il bisogno di unicità con il narcisismo.
Le persone che credono alle teorie del complotto sono probabilmente più alienate e socialmente isolate
Un’altra ricerca, pubblicata nel 2016 (Molding et al.), ha approfondito le caratteristiche sociali delle persone che tendenzialmente credono alle teorie del complotto.
Lo studio ha evidenziato che gli individui che sostengono le teorie del complotto vivono con maggior frequenza in condizioni di isolamento sociale, impotenza sociale e anomia. L’anomia è una condizione di disimpegno verso tutte le norme e le convenzioni sociali.
Le persone che non hanno un ruolo attivo nella società e non si sentono gratificate in contesti sociali, tendono a rifiutare le spiegazioni convenzionali degli eventi poiché rifiutano la legittimità della fonte. A monte hanno vissuto un rifiuto sociale e pertanto rifiutano a loro volta l’ufficialità istituzionale.
La cospirazione è stata studiata anche come fenomeno sociale tra i più giovani. I giovani che si sentono alienati nel gruppo dei pari possono inconsciamente trovare i gruppi complottisti più attraenti. Il motivo? Basta condividere con loro la stessa teoria per garantirsi la piena accettazione e l’appartenenza. Questo spiega il motivo per il quale gli adolescenti, non ancora inseriti socialmente, sono maggiormente attratti dalle sottoculture.
Le persone che si sentono impotenti e frustrate tendono a credere alle teorie del complotto poiché tali credenze aiutano l’individuo a non sentirsi responsabile per la sua insoddisfacente situazione. Ammettendo l’esistenza di un ordine superiore o di gruppi segreti che tirano le fila, l’individuo rivede in sé una vittima del sistema, prima di responsabilità. In questo contesto, le teorie del complotto danno significato alla vita e, paradossalmente, forniscono sicurezza e controllo su un mondo vissuto come malevolo e pericoloso.
Il ricercatore Van Prooijen nel 2016 ha correlato la credenza alla teoria del complotto all’instabilità dell’autostima e all’incertezza sul senso dell’identità.
Le teorie del complotto prescindono dai fatti
E’ impossibile discutere con una persona fermamente radicata in una teoria del complotto. Il motivo? Le teorie del complotto sono guidate dalle paranoia, dalla sfiducia e dalla paura e non dai fatti.
Se un’ipotesi complottista viene confutata con fatti e prove, il complottista rifiuta di vedere l’autenticità delle prove e rifiuterà anche la persona che le sostiene. Tale dinamica prova che le teorie del complotto non sono sostenute dai fatti ma sono sostenute da paranoia, bisogno di unicità, sfiducia, affettività negativa e paura.
Le teorie del complotto non spariranno fin quando ci saranno persone con il bisogno di crederci.
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Bibliografia
Lantian, A., Muller, D., Nurra, C., & Douglas, K. M. (2017). “I know things they don’t know!”: The role of need for uniqueness in belief in conspiracy theories. In Social Psychology, 48(3), 160–173.