Un centinaio di copie di “Mundialgate”, il rarissimo libro che Oliviero Beha scrisse con Roberto chiodi sulla combine Italia-Camerun ai campionati del mondo del 1982, è stato stato ritrovato durante lavori di ristrutturazione nello scantinato della casa dove l’autore abitava. Si tratta di uno dei più clamorosi insuccessi editoriali a livello mondiale: fu distribuito dall’editore Pironti che si limitò a mettere una copertina alle 15 mila copie stampate da Feltrinelli ma non distribuite. A raccontare la storia è Roberto Chiodi in persona:

Il nostro libro Mundialgate nacque nell’agosto del 1984. In realtà lo scrisse quasi tutto Oliviero, mentre io seguivo un bravo tecnico che montava le pellicole dei filmati realizzati da una mini troupe tv che, a nostre spese, ci aveva seguito dappertutto. L’inchiesta – con l’accordo dei nostri direttori e col patto della riservatezza assoluta sui contenuti – sarebbe stata pubblicata lo stesso giorno, quella di Beha su Repubblica, la mia su Epoca. Avevamo firmato un contratto con Feltrinelli e riscosso il relativo anticipo per la stampa di una prima edizione in 15 mila copie. Con tutto il clamore che la storia avrebbe suscitato, piazzare il film pensavamo che sarebbe stato facile. Anche perché io facevo parte dello staff di Enzo Biagi che in autunno avrebbe ripreso in Rai il suo programma “Il Fatto” (lancio di una storia di attualità, film, dibattito).

A fine agosto, Claudio Cavazza, patron della Sigma Tau e uno degli illuminati finanziatori di Repubblica, ospitò per qualche giorno di relax Eugenio Scalfari e Roberto Olivetti. Quest’ultimo era stato il tutore di Carlo Feltrinelli e aveva aiutato sua madre Inge nell’amministrazione della casa editrice dopo la morte di Giangiacomo. Scalfari e Olivetti si lasciarono sfuggire con Cavazza, munifico ospite, la notizia-bomba che Repubblica e Feltrinelli si accingevano a lanciare: pesanti ombre sul Mundial vinto due anni prima, il pareggio tra Italia e Camerun era stato combinato con il pagamento di 150 mila dollari ai giocatori professionisti dei “Leoni indomabili”. Cavazza li implorò di non pubblicare lo scoop: la “Carnitina” della Sigma Tau era il prodotto ricostituente che “aveva fatto vincere all’Italia i mondiali di calcio” e rappresentava il fiore all’occhiello della casa farmaceutica. Una notizia del genere rischiava di stravolgere i bilanci dell’azienda.

Cosa non si fa per un amico? Scalfari garantì che non avrebbe pubblicato una riga del reportage del proprio inviato. Olivetti si impegnò a fare altrettanto con il libro. Il guaio fu che il volume era già stato stampato, mancava solo da definire la copertina. L’escamotage per mandare tutto a monte fu trovato dai loro legali nel testo del contratto: si parlava soltanto di un accordo “per la stampa” e non “per la diffusione”. Da qui, una lettera in cui la Feltrinelli, “facendo seguito agli accordi intercorsi”, chiese a Beha dove avrebbe dovuto consegnare le 15 mila copie stampate. Quanto a Repubblica, Scalfari comunicò al proprio inviato che non avrebbe pubblicato nulla dell’inchiesta. “Ma come? Ci ho lavorato tre mesi, sono andato in Africa, in Francia e pure in Corsica sempre con il tuo consenso, ho filmato tutte le interviste, tu eri entusiasta della storia..”, provò a protestare il giornalista. E Scalfari rispose: “Vuoi sapere perché? Ebbene, perché sì! Punto e basta. Se vuoi, ti autorizzo a darla all’Espresso, la tua inchiesta…”.

Lo scoop apparve regolarmente su Epoca e poi sull’Espresso, ma già con le poche righe dell’anticipazione data dalle agenzie ci fu una sollevazione nazionale che il presidente della Federazione calcio Federico Sordillo, messo tempestivamente sull’avviso, era già pronto a cavalcare. Tutta la stampa si schierò – ancor prima che i settimanali uscissero in edicola – contro chi stava gettando “solo fango sulla vittoria della Azzurri”. L’inchiesta si basava su decine di interviste, tutte filmate, compresa la dichiarazione del responsabile politico della spedizione che raccontava di aver raccolto le ammissioni dei quattro-cinque giocatori professionisti sul fatto che erano stati promessi 30 mila dollari a testa per il pareggio. Un risultato che consentiva all’Italia di proseguire nel Mundial e al Camerun di tornare in patria (l’aereo prenotato in anticipo) come la prima squadra africana a uscire imbattuta dal torneo.

L’inviato speciale Oliviero Beha venne posto “dietro la lavagna”, relegato a servizi redazionali di terz’ordine. Alla fine fece causa e – dopo diversi anni – la vinse con una sostanziosa liquidazione. E il libro? Nessun editore se la sentì di pubblicare Beha: il solo fatto che il suo stesso giornale avesse deciso di non scrivere una riga, sminuiva tutta la storia, non valeva nemmeno la pena dare un’occhiata ai contenuti. Soltanto Tullio Pironti, ex pugile, nipote e figlio di librai-editori napoletani, intraprendente e spregiudicato segugio di tutte le novità scomode del settore, decise di prendere lui le 15 mila copie già stampate da Feltrinelli, tutte con la copertina bianca. Ne fece confezionare al volo una nuova (fin troppo cupa…) e verso la fine dell’anno provò a vendere il libro. Ma tutta la stampa italiana aveva decretato il “Crucifige!” alla storia: “Mundialgate” morì nella culla. Vendite zero o poco più. I rari distributori del circuito Pironti restituirono le copie, che poi marcirono nel retrobottega della storica libreria di piazza Cavour 57, a Napoli.

E il film? Ne parlai a Biagi, da un paio d’anni collaboravo con lui per le cronache giudiziarie, con regolare contratto in Rai (gli avevo fatto intervistare, tra gli altri, il primo grande pentito delle Brigate rosse Patrizio Peci e il capo di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, latitante da 18 anni). Sgranò gli occhi dicendo “Il vostro film lo prendo io! E ci inauguriamo la nuova serie in prima serata su Rai Uno!” Ma qualche giorno dopo, quando tutta la stampa stava obbedendo al diktat di far calare il sipario sull’intera vicenda, Biagi me ne riparlò in questi termini: “Ne ho discusso con i vertici della Rai, mi dispiace ma non se ne farà nulla. E poi Franco Carraro, presidente del Coni e commissario straordinario della Lega calcio, è in corsa per diventare presidente della Rai e quindi…”. Risposi che avevo capito, avrei cercato un altro committente. Si trattava di una storia talmente esplosiva e documentata che non avrei trovato difficoltà a piazzarla. “Scusa, un’altra cosa…”, concluse Biagi con un velo di imbarazzo: “Ovviamente non posso più farti rinnovare il contratto dalla Rai. Carraro non sarebbe d’accordo…”.

Di quel film conservo da 38 anni le “pizze” con la pellicola, originale e ovviamente inedita: nessuno ha mai avuto la curiosità di vederla da quando sulla combine Italia-Camerun e sul libro che ne svelava molti particolari calò la “damnatio memoriae”. Una condanna che distingue le storie scomode e dannose per un establishment connivente e una tifoseria che non vuole accettare il concetto per cui spesso, come diceva Balzac, “Dietro ogni fortuna c’è un delitto”. A volte, anche alcuni mandanti e molti tirapiedi.”


Nota Bene:

I libri contenuti nello scatolone ritrovato costituiscono una assoluta rarità libraria: una copia di quel “Mundialgate” maledetto, prezzo di copertina 12.000 lire, viene oggi proposta in vendita su Ebay a 90 €. Se qualcuno fosse interessato, può scrivere a mundialgate@gmail.com e lasciare l’indirizzo al quale far recapitare un volume. In cambio viene chiesto un contributo – ciascuno decida secondo coscienza e disponibilità – da devolvere direttamente al reparto intestato a Oliviero Beha dell’ospedale pediatrico Nyala (Darfur). Struttura alla quale i suoi familiari versarono l’intera somma pagata dalla Rai al termine di una vertenza per il demansionamento subito negli ultimi anni.

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